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  • Tra descrizione e rievocazione: fantasticherie di un ritorno al Sud nelle novelle di Giovanni Verga
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    Nelle sue opere, Giovanni Verga non descrive la Sicilia attraverso un'accurata descrizione della realtà, ma attraverso una rappresentazione mentale della stessa dalla lontana città di Milano, dove vive. Oltre i confini della Sicilia, la modernità divora personaggi, il cui destino non è descritto da Verga. È l'unico autorizzato a muoversi in questo spazio “di là del mare”, dal quale osserva “dall'altro lato del cannocchiale” le“ larve" che vivono nell'isola. Lo scopo di questo articolo è mostrare come Fantasticheria, I dintorni di Milano, Di là del mare e Passato! hanno come terreno comune un processo di ricreazione della Sicilia come luogo legato a un passato che non tornerà mai più, per questo l'isola viene descritta da una prospettiva idealizzata e nostalgica. La modernità è infatti una condizione irreversibile come la morte, che, in Passato !, appare come una spietata conclusione di questo processo di ricostruzione.

  • Un esperimento didattico. Tre parole per Dante: esilio, desiderio, destino
    8-16
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    137

    L’articolo, partendo da una rapida riflessione sull’anniversario dantesco del 2021, tenta di offrire una rappresentazione complessiva dell’autore Dante attraverso una forma concentrata che mescola precisione scientifica e brevitas, concentrazione simbolica e narrazione; lo studio si presenta quindi come un esperimento che si svolge a metà strada tra discorso pubblico e discorso scientifico su Dante, in quell’area intermedia, di valore ugualmente culturale e politico, che è la didattica.

  • Il progetto VVV: lessicografia, informatica e social network al servizio della promozione linguistica
    136-149
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    Questo contributo si basa su un progetto lessicografico e fornisce informazioni importanti sulla promozione del Valoc ’, un dialetto a rischio di estinzione parlato in Val Masino (Lombardia, Italia). Lo scopo del progetto VVV è sviluppare il nuovo dizionario, basato sulla ricerca antropologica e dialettologica. Grazie al nostro approccio metodologico ci proponiamo di osservare le pratiche del Valoc ', la sua trasmissione da una generazione all'altra e discorsi che sostengono principalmente le ideologie in relazione alle pratiche linguistiche e all'identità. In questo lavoro, vorremmo presentare il contesto, descritto da un punto di vista linguistico e sociolinguistico, concentrandoci sull'importanza di promuovere il Valoc ’attraverso lezioni, conferenze, il dizionario e i social network. Infatti, grazie alla nostra pagina sui social network, è stato possibile osservare l'evoluzione del linguaggio e analizzare il modo in cui i parlanti affrontano l'esercizio della scrittura.

  • «Non so scrivere inglese, a momenti neppure italiano… datemi una “giobba” qualsiasi»: gli emigrati italiani nel teatro di Nino Randazzo
    56-68
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    191

    L'articolo prende in esame la rappresentazione culturale, sociale e linguistica degli italiani emigrati in Australia nella scrittura per il teatro di Nino Randazzo, drammaturgo di origine eoliana, emigrato a Melbourne nel 1952, considerato uno degli autori più importanti e prolifici nel contesto della cosiddetta “letteratura dell'emigrazione”, e più in particolare della letteratura italo-australiana in lingua italiana. Di particolare interesse è il tema dei pregiudizi culturali e sociali degli anglo-australiani nei confronti delle persone di origine italiana, etichettati come ignoranti, impossibili da acculturare e disciplinare, in gran parte legati alle organizzazioni criminali, che parlano per lo più una varietà mista di italiano e inglese. Così, in particolare, nella commedia Il Sindaco d'Australia (1981), in cui l'immagine stereotipata (ma esilarante) dell'emigrante del sud Italia, impulsiva e ambiziosa, caratterizzata a livello linguistico dall'uso di termini italo-australiani; e nella commedia Victoria Market (1982), concepita da Randazzo come protesta contro la tendenza degli anglo-australiani a costruire stereotipi nei confronti degli italo-australiani, in questo caso quello del'italiano mafioso. Il teatro di Randazzo, tuttavia, riesce a distinguersi dalle opere della maggior parte dei drammaturghi italo-australiani di prima generazione per il suo tentativo di demistificare in modo divertente tali pregiudizi e luoghi comuni. È nella scelta di un tono popolare della commedia, ottenuta anche attraverso la sapiente mescolanza di forme italiane più tradizionali con termini italo-australiani tipici degli anni in cui sono ambientati gli eventi narrati, che risiedono gli aspetti specifici di questo autore.

  • ‘Brume nordiche’ sullo Stretto. Le radici settentrionali del Romanticismo siciliano
    28-46
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    Il presente saggio si propone di tracciare le influenze del romanticismo nordeuropeo sulle opere di alcuni autori siciliani del primo Ottocento. L'obiettivo è sfatare il mito di un livello "inferiore" della letteratura romantica italiana rispetto alla letteratura nordica, poiché non è incentrata sulla rappresentazione delle aree oscure del sé, di temi soprannaturali, fantastici e irrazionali che sono presenti nella realtà. Vengono esaminate alcune ballate di Felice Bisazza (1809-1867) e Vincenzo Navarro (1800-1867). In queste opere la narrazione di leggende popolari mette in luce un universo spettrale e orribile, rispecchiando situazioni reali, come la violenza della classe nobile e del patriarcato, o l'ingiustizia della disuguaglianza sociale. Si parlerà poi di un'opera teatrale di Giuseppe La Farina (1815-1863), intitolata L'abbandono di un popolo (1845); l'autore ritrae la rivolta anti-spagnola del 1676 a Messina concentrandosi sulle forze inquietanti e sotterranee che si intersecano con i movimenti rivoluzionari. Verrà infine analizzata la produzione di Tommaso Cannizzaro (1838-1921) come traduttore: lo scrittore mette a disposizione del pubblico siciliano e italiano l'affascinante mondo della mitologia scandinava, attraverso le traduzioni di alcuni canti dell'Edda antica medievale.

  • «In piedi, guardando dal finestrino». Memoria, parola, corpo nell’immaginario ferroviario di Leonardo Sciascia
    73-84
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    Immagine dirompente e ricorrente nel romanzo e nella novellistica italiani, a partire da metà Ottocento, il treno assume, nell’opera di Leonardo Sciascia, una funzione peculiare, non esclusivamente tematica. Legato al ricordo indelebile del primo viaggio della sua infanzia, il treno diventa presto, per lo scrittore di Racalmuto, un topos a cui fare ricorso per la rappresentazione di alcuni dei motivi letterari a lui più cari: l’esercizio della memoria, il potere della parola, la gioia dei corpi. Attraverso i riscontri testuali ritenuti più significativi, il contributo intende offrire una rappresentativa esemplificazione delle argomentazioni proposte.

  • Siete voi qui, ser Brunetto?». I volti di Brunetto Latini: rappresentazione e autorappresentazione
    96-107
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    As in portrait (attributed to Giotto) of Brunetto Latini and Dante Alighieri, history has tended to pair the two poets, who were both exiled from their native Florence. The role played by Brunetto Latini in Florence’s history paralleled that of the orator Cicero in Republican Rome and Dante, his student, was Florence’s Virgil. The famous “Brunetto’s Song” (Canto XV of Inferno) has generated many controversies, determined and justified by an uninterrupted and secular reflection. The encounter between the protagonist-traveler and his master has great importance also from the point of view of the creation of The Divine Comedy. But the old florentine intellectual does not only appear in this canto: in fact, he is the author and, at the same time, the protagonist of the famous opera Il Tesoretto, a didactic-allegorical poem written in volgare. In my study I focus on the figure of Brunetto Latini and on his representation by Dante. At first I examine the protagonist Latini: how he appears in the canto and what his part is in The Divine Comedy. Then I concentrate on the author Latini and I try to identify the poet’s voices in the texts and descriptions according to the context.

  • «Chiudendosi in corpo i propri guai»: il “codice della chiusura” nel Mastro-don Gesualdo
    47-59
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    Nel Mastro-don Gesualdo il corpo e la gestualità si offrono come mezzo privilegiato dalla scrittura verghiana per consentire lo «svelamento» dell’interiorità dei personaggi al lettore. Il contributo proposto intende illustrare come i personaggi del romanzo, in modo coerente rispetto ai processi sociali che Verga intende rappresentare, vivano una forma di chiusura alla comunicazione che assume la sua rappresentazione più «esatta» nel silenzio e, nel corpo, nella posa delle spalle voltate.