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  • Restare o partire? Sulle rappresentazioni non stereotipate di Napoli
    36-53
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    380

    L'immagine letteraria di Napoli, "Capitale del Sud", che vede periodiche alternanze di crisi e splendore nelle arti, è sicuramente dicotomica: da un lato il locus amoenus in cui fiorisce l'inventiva e diverse tradizioni culturali si intersecano e convivono; dall'altro, il luogo simbolico di immense disparità sociali, uno scoppio di epidemie e la culla di una mentalità rilassata e reazionaria. L'immagine usata da Benedetto Croce per definire la città, "un paradiso abitato dai diavoli", risale al Medioevo, e viene negata di volta in volta dagli autori che intendono costruire un mito positivo di napoletanità, ma già agli inizi 20° secolo, e quindi soprattutto nel periodo dal 1943 (ai giorni nostri), ci sono accenti sempre più critici nei confronti di questa immagine, che risultano - più che nell'odio o nel disprezzo per la città e i suoi abitanti - nella tendenza ad allontanarsi da Napoli, per abbandonare una realtà contraddittoria che non risolve i suoi problemi, ma come una foresta vergine ricresce distruggendo ogni elemento del progresso. Gli autori esaminati nell'articolo sono: Carlo Bernari, Anna Maria Ortese, Raffaele La Capria, Fabrizia Ramondino, Ermanno Rea, Giuseppe Montesano, Elena Ferrante.

  • Umberto Eco e l’Apocalisse
    146-159
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    120

    L’Apocalisse è un mitologema che ha fornito forme simboliche e strutture narrative alla letteratura contemporanea: Karl Löwith, Frank Kermode, Ernst Bloch sono solo alcuni degli studiosi che hanno messo a tema la resistenza e la produttività del paradigma apocalittico nell’età secolare. Umberto Eco ha intrattenuto con l’Apocalisse un lungo commercio, fin dalla pubblicazione di
    Apocalittici e integrati. Nei suoi saggi e nei romanzi, l’Apocalisse appare come dispositivo di rivelazione, ma anche di occultamento e falsificazione (Il nome della rosa), e come modello transmediale di traduzione e di riuso (Beato di Liebana, Enrico Baj, La misteriosa fiamma della regina Loana).

  • «In piedi, guardando dal finestrino». Memoria, parola, corpo nell’immaginario ferroviario di Leonardo Sciascia
    73-84
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    68

    Immagine dirompente e ricorrente nel romanzo e nella novellistica italiani, a partire da metà Ottocento, il treno assume, nell’opera di Leonardo Sciascia, una funzione peculiare, non esclusivamente tematica. Legato al ricordo indelebile del primo viaggio della sua infanzia, il treno diventa presto, per lo scrittore di Racalmuto, un topos a cui fare ricorso per la rappresentazione di alcuni dei motivi letterari a lui più cari: l’esercizio della memoria, il potere della parola, la gioia dei corpi. Attraverso i riscontri testuali ritenuti più significativi, il contributo intende offrire una rappresentativa esemplificazione delle argomentazioni proposte.