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  • Prigionieri di guerra ungheresi a Padula durante la prima guerra mondiale
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    Il campo di prigionia di Padula, in Italia, operativo durante la prima guerra mondiale in una grande certosa e caserma, è stato oggetto di numerosi studi italiani, cechi e slovacchi, in quanto era uno dei più grandi campi italiani e fungeva da centro per la creazione della Legione Cecoslovacca. Tuttavia, migliaia dei suoi detenuti erano ungheresi, la cui vita è stata a malapena discussa. Questo articolo si propone di presentare la vita dei prigionieri di guerra ungheresi tenuti a Padula. Con l'ausilio di fonti ad esse pertinenti, quali lettere e memorie, è possibile approfondire quattro aspetti: religione, salute, lamentele e lavoro. Un altro scopo dello studio è quello di offrire un elenco dei prigionieri ungheresi.

  • Monicelli e la memoria della Grande Guerra
    125-139
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    In my essay, I examine Mario Monicelli’s La Grande Guerra, in order to verify if its comic and anti-heroic perspective really leads to a new concept of WWI. I first retrace the director’s previous filmography, where the characters, genres and patterns which will recur in La Grande Guerra originally take shape. I then reconstruct the movie’s genesis, focusing on the sources the screenwriters refer to: not only WWI movies and memories, such as Kubrick’s Paths of Glory and Lussu’s Un anno sull’Altipiano, but also, quite unexpectedly, La vita militare by De Amicis.

    On this basis, I analyse the representation of the war, in its figurative and narrative elements. In many senses, it’s a war seen from the ground, and indeed the scenography and script take inspiration from the soldiers’ pictures of the front and their military songs. In this realistic context, Monicelli develops the plot of two cowardly privates, from a poor, undisciplined background, who ultimately identify with their nation enough to sacrifice themselves for their compatriots.

    The purpose of highlighting the unacknowledged war contribution of the mass, however, is somehow contradicted by the army’s image. The comic and anti-heroic aspects, indeed, concern only the low-ranked soldiers, while the Command is represented in a sentimental way. In this respect, Monicelli confirms a rhetoric coming from De Amicis, and later inherited by Fascism: the army as an image of a model society, where North and South, rich and poor, educated and illiterate unite, and where everyone deserves his hierarchical rank.

  • Friulani nell’industria ungherese con particolare riguardo alla città di Debrecen
    124-145
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    L'emigrazione ha avuto un ruolo significativo nella storia del Friuli per secoli. Sin dal Medioevo, l'emigrazione friulana era caratterizzata principalmente dal movimento di venditori ambulanti (i cosiddetti cramârs) verso i territori tedeschi. Tuttavia, il movimento migratorio friulano più significativo risale ai cinquant'anni precedenti la Prima guerra mondiale, quando la crescente richiesta di manodopera, causata dallo sviluppo industriale europeo, richiamava lavoratori in quantità enormi. Durante questi decenni, l'Impero austroungarico divenne la principale destinazione del movimento, ma il primato dell'Austria fu superato dall'Ungheria negli anni tra il 1892 e il 1894. La migrazione di massa nell'area (avvenuta fino allo scoppio della Prima guerra mondiale) causò cambiamenti duraturi nell'industria ungherese. Le fonti storiche dimostrano che la presenza dei friulani fu significativa soprattutto in alcuni settori, come l'edilizia e la lavorazione della carne. Le aziende friulane attive nel settore della carne durante questo periodo hanno avuto un profondo effetto sulla diffusione e sul successo di un nuovo prodotto: il salame. Va sottolineato che accanto a Budapest e Seghedino, sede del famoso salame Pick, Debrecen ha avuto un ruolo chiave in questo processo con le sue due fabbriche della famiglia Boschetti e Vidoni e dei loro lavoratori migranti

  • Prigionieri di guerra ungheresi all’Aquila (1915-1919)
    183-197
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    The aim of this paper is to present the life of Hungarian prisoners of war in the internment camps of L’Aquila, a city situated in the central part of Italy, during and after the Great War. The POWs were first detained in the caserma Castello (Castle barracks), which is a 16th-century fortress where units of the Italian Army were stationing as well at that time. This made it possible for the POWs to lead a relatively idyllic life, whose various aspects are examined in the paper, such as nutrition, accommodation, clothing, correspondence, religious life, daily routine and employment. The sources used include archival documents, two memoirs of ex-POWs and newspaper articles. The comfortable life of the POWs was dimmed by the lack of their families and the Homeland, the idleness and certain infectious diseases. From the summer of 1916, the prisoners were employed in agricultural and industrial works outside the prison camp and were hence transferred from the fortress to barracks and unused churches. It is unknown when the last Hungarian POW left L’Aquila, and yet one of them is proven to have been there still in July 1919.