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  • «Non so scrivere inglese, a momenti neppure italiano… datemi una “giobba” qualsiasi»: gli emigrati italiani nel teatro di Nino Randazzo
    56-68
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    191

    L'articolo prende in esame la rappresentazione culturale, sociale e linguistica degli italiani emigrati in Australia nella scrittura per il teatro di Nino Randazzo, drammaturgo di origine eoliana, emigrato a Melbourne nel 1952, considerato uno degli autori più importanti e prolifici nel contesto della cosiddetta “letteratura dell'emigrazione”, e più in particolare della letteratura italo-australiana in lingua italiana. Di particolare interesse è il tema dei pregiudizi culturali e sociali degli anglo-australiani nei confronti delle persone di origine italiana, etichettati come ignoranti, impossibili da acculturare e disciplinare, in gran parte legati alle organizzazioni criminali, che parlano per lo più una varietà mista di italiano e inglese. Così, in particolare, nella commedia Il Sindaco d'Australia (1981), in cui l'immagine stereotipata (ma esilarante) dell'emigrante del sud Italia, impulsiva e ambiziosa, caratterizzata a livello linguistico dall'uso di termini italo-australiani; e nella commedia Victoria Market (1982), concepita da Randazzo come protesta contro la tendenza degli anglo-australiani a costruire stereotipi nei confronti degli italo-australiani, in questo caso quello del'italiano mafioso. Il teatro di Randazzo, tuttavia, riesce a distinguersi dalle opere della maggior parte dei drammaturghi italo-australiani di prima generazione per il suo tentativo di demistificare in modo divertente tali pregiudizi e luoghi comuni. È nella scelta di un tono popolare della commedia, ottenuta anche attraverso la sapiente mescolanza di forme italiane più tradizionali con termini italo-australiani tipici degli anni in cui sono ambientati gli eventi narrati, che risiedono gli aspetti specifici di questo autore.

  • Siete voi qui, ser Brunetto?». I volti di Brunetto Latini: rappresentazione e autorappresentazione
    96-107
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    174

    As in portrait (attributed to Giotto) of Brunetto Latini and Dante Alighieri, history has tended to pair the two poets, who were both exiled from their native Florence. The role played by Brunetto Latini in Florence’s history paralleled that of the orator Cicero in Republican Rome and Dante, his student, was Florence’s Virgil. The famous “Brunetto’s Song” (Canto XV of Inferno) has generated many controversies, determined and justified by an uninterrupted and secular reflection. The encounter between the protagonist-traveler and his master has great importance also from the point of view of the creation of The Divine Comedy. But the old florentine intellectual does not only appear in this canto: in fact, he is the author and, at the same time, the protagonist of the famous opera Il Tesoretto, a didactic-allegorical poem written in volgare. In my study I focus on the figure of Brunetto Latini and on his representation by Dante. At first I examine the protagonist Latini: how he appears in the canto and what his part is in The Divine Comedy. Then I concentrate on the author Latini and I try to identify the poet’s voices in the texts and descriptions according to the context.

  • La poligenesi del soggetto: da Ovidio al moderno e ritorno
    177-185
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    Il Saggio ricostruisce, in una prospettiva di longue durée, il processo Poligenetico della «Nascita del Sé», dal tema Classico in Plauto e Ovidio, passando per Dante, la commedia elegiaca medievale, e la tradizione umanistica dei “Cantari”, fino alla scena fiorentina e alla svolta machiavellica. In conclusione, il Soggetto non è un'invenzione moderna, ma un fenomeno continuo e aperto di riscoperta nella cultura occidentale.

  • Monicelli e la memoria della Grande Guerra
    125-139
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    In my essay, I examine Mario Monicelli’s La Grande Guerra, in order to verify if its comic and anti-heroic perspective really leads to a new concept of WWI. I first retrace the director’s previous filmography, where the characters, genres and patterns which will recur in La Grande Guerra originally take shape. I then reconstruct the movie’s genesis, focusing on the sources the screenwriters refer to: not only WWI movies and memories, such as Kubrick’s Paths of Glory and Lussu’s Un anno sull’Altipiano, but also, quite unexpectedly, La vita militare by De Amicis.

    On this basis, I analyse the representation of the war, in its figurative and narrative elements. In many senses, it’s a war seen from the ground, and indeed the scenography and script take inspiration from the soldiers’ pictures of the front and their military songs. In this realistic context, Monicelli develops the plot of two cowardly privates, from a poor, undisciplined background, who ultimately identify with their nation enough to sacrifice themselves for their compatriots.

    The purpose of highlighting the unacknowledged war contribution of the mass, however, is somehow contradicted by the army’s image. The comic and anti-heroic aspects, indeed, concern only the low-ranked soldiers, while the Command is represented in a sentimental way. In this respect, Monicelli confirms a rhetoric coming from De Amicis, and later inherited by Fascism: the army as an image of a model society, where North and South, rich and poor, educated and illiterate unite, and where everyone deserves his hierarchical rank.