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  • Non re ma Cesare
    139–155
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    La risposta di Cesare all’acclamazione a re si presta a due interpretazioni: o voluto gioco di parole sul cognomen Rex, proprio della gens Marcia (così le fonti greche ed espressamente Appiano), oppure messaggio di Cesare a sottolineare la sua superiorità sui re, alleati o vassalli del popolo romano. L’analisi delle testimonianze relative agli ultimi anni di Cesare porta alla seconda interpretazione, rettificando chi la ritiene formatasi con l’andar del tempo, a partire dai Flavi, che non possono più invocare la discendenza diretta, sostenendo invece che tale valenza fu conferita al cognomen dallo stesso dittatore.

  • SHA, Vita Cari 2-3: un excerptum di biologismo storico
    107–135
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    Nell’applicazione del biologismo alla storia di Roma, l’excursus di SHA, Car. 2-3 segna il punto d’arrivo di un percorso tracciato da Varrone Reatino con il De vita populi Romani; la reviviscenza tardoantica del poligrafo si verifica attraverso vari autori, in primis Agostino, che presenta alcuni passi del De civitate Dei decisivi per chiarire punti controversi comuni all’HA e al Seneca di Lattanzio, risalenti entrambi in ultima analisi a Varrone. Da costoro, oltre che da Floro, il più aderente nel rispettare la demarcazione varroniana al 264 fra adulescentia e iuventus, ha preso le mosse il sedicente Vopisco, caratteristico nel riproporre la tripartizione delle singole età peculiare di Varrone, a quanto asserito da Servio. Tutti gli epigoni varroniani, a partire da Seneca, hanno postdatato al principato postaugusteo la diagnosi di senectus imperii a causa dell’amissa libertas, suggerita a Varrone dall’esperienza triumvirale e della dittatura di Cesare.